Jacopone da Todi, il poeta francescano più conosciuto al mondo: ripercorriamo insieme la sua vita. 

Jacopo de Benedetti, “Iacobus Benedictoli de Tode”, nacque a Todi da nobile famiglia attorno al 1230/36. L’accrescitivo Jacopone sostituì presto il nome originario: Iacobus. La casa di nascita viene attribuita nel rione Colle.

Il giovane Jacopone intraprese la carriera di notaio dopo aver studiato a Bologna. Dissoluto e integerrimo, Jacopone cambiò radicalmente a causa di un incidente: nel 1268 perse la moglie a causa del crollo del pavimento di una sala da ballo durante un ricevimento.

L'evento lo scosse il giovane a tal punto da cominciare ad avere comportamenti bizzarri e a compiere atti stravaganti per dissacrare se stesso e schernire le illusioni umane.

Per circa un decennio andò in giro per Todi con il corpo ricoperto di stracci, il saio grigio con il lungo e largo cappuccio di “bizzocone”. Questo amore per la sofferenza, questo godere delle irrisioni determinarono la raffigurazione della sua presunta pazzia, su cui circolarono vari aneddoti.

Si dice che durante questo percorso di penitenza e umiliazione che si presentò alle nozze del fratello nudo, cosparso di grasso e piume oppure che arrivò ad una festa a carponi con una sella d'asino in groppa. 

Dopo dieci anni decise di entrare come laico nell'ordine francescano e anche al convento non cessarono le sue follie: per poter superare la voglia di coratella di vitella la acquistò, la appese nella sua cella baciandola senza mai assaggiarla. Quando la carne andò a male, inondando di fetore il convento, gli altri frati si adirarono, ma il Signore premiò Jacopone per aver resistito riempiendo l'edificio di un gradevole profumo.  

L'elezione del nuovo pontefice Bonifacio VIII portò Jacopone a firmare il Manifesto di Lunghezza, in cui veniva dichiarata illegittimo l'incarico assegnato a Bonifacio. La risposta del nuovo Papa fu celere e scomunicò tutti i firmatari del Manifesto e, dopo la presa di Palestrina, Jacopone fu incatenato e condotto a Todi e fu condannato ad una prigionia perpetua, nei sotterranei del convento di San Fortunato.

Le sofferenze fisiche potevano essere tollerate, ma la lontananza dalla comunità cristiana, la scomunica per l’appunto, era per il frate un tormento senza fine.

Dal carcere Jacopone scrisse a Papa Bonifacio VIII lettere drammatiche fra l’ironia e la sua fierezza, mostrando esplicitamente di non aver mutato idea sul Papa, supplicandolo però di liberarlo dalla scomunica in cambio di altre pene corporali.

Nel 1303 Bonifacio VIII morì e il nuovo Papa Benedetto IX lo liberò dalla prigionia e gli tolse la scomunica. Jacopone, ormai vecchio e stanco, si ritirò in un convento francescano nei dintorni di Todi, probabilmente il convento di San Lorenzo, a Collazzone, dove si seguivano rigidamente gli insegnamenti di San Francesco, e probabilmente un tempo vicino alle istanze spirituali.

Nel dicembre del 1306 Jacopone si ammalò gravemente e, secondo la leggenda, in punto di morte dichiarò di voler ricevere i sacramenti solo dalle mani del suo amico frate Giovanni della Verna.

Il corpo di Jacopone fu trasportato nel monastero francescano di Montecristo in Todi. Nel 1433 il vescovo Antonio da Anagni fece portare i resti prima nell’Ospedale della Carità, poi nel Tempio di San Fortunato.

L’umiltà assoluta, proprio come San Francesco, era la base delle sue idee, come anche la convinzione che ogni onore terreno rende l’uomo indegno dell’amore di Dio.

Jacopone invitava perciò non solo a rinunciare a ogni tipo di onorificenza, ma a ripudiare anche lo stesso desiderio di santità.

Dal fondo antico conservato in biblioteca ai dipinti e affreschi che lo raffigurano, dal probabile luogo della sua morte alla tomba in San Fortunato, passando per quella che la tradizione indica come sua casa natale: scopri l'itinerario "Jacopone in città"